Paolo De Cuarto: la tecnica che rifugge dalle tecniche.

Paolo De Cuarto è stato definito in molti modi, con tante parole difficili e tecnicistiche, dai critici d’arte e dagli esperti del settore.

Com’è giusto che sia – è innegabile – ogni volta che ci troviamo di fronte ad un artista che crea qualcosa di veramente originale.

Personalmente non prediligo i tecnicismi, che riassumono la maniera di esprimersi di un artista in etichette riassuntive; per meglio dire, preferisco il linguaggio della poesia e del racconto, che crea un ponte tra diverse forme d’arte e consente a tutte le persone di apprezzare non solo quello che vedono coi propri occhi, ma anche di comprendere ciò che le opere vorrebbero narrare, spiegare, talvolta gridare.

La fonte d’ispirazione primaria della tecnica pittorica di De Cuarto , sono senza ombra di dubbio i Ghost Signs. Oltre la pubblicità della Cinzano, c’erano tante altre pubblicità murarie, in Italia, sopravvissute a volte solo in piccoli squarci alla falce implacabile del tempo; e poi c’erano gli slogan, tracce di una storia che aveva profondamente segnato la nazione e che se ne stavano lì, come monito dai muri, fantasmi che facevano e fanno ancora paura. La ricerca dei Ghost Signs trova il suo più ampio riscontro a New York e in tante altre città americane, dove i grandi affreschi murari pubblicizzavano i prodotti commerciali in prossimità dei luoghi di maggior afflusso e di maggiore densità demografica.

E’ proprio da quei muri che il pittore calabrese comincia il suo recupero, il suo “restauro” delle immagini, decontestualizzandole dal fine commerciale, ormai perso a favore di prodotti moderni e di nuove forme di pubblicità, e vestendole di un nuovo valore, poetico e didattico.

C’è una bellezza malinconica e poetica nelle réclame riportate alla vita, una bellezza quasi struggente, sospesa a metà tra il sorriso e il pianto; ma c’è anche un profondo insegnamento: nulla in fondo, di quanto è stato creato, va gettato via senza provare a riportarlo in vita. Per cui possiamo affermare che la tecnica di De Cuarto si scosta infine dalla semplice decontestualizzazione teorizzata da Duchamp e diviene più una vera e propria opera di salvataggio, una respirazione bocca a bocca effettuata a pezzi di vita agonizzanti sotto la coltre implacabile del tempo.

Perciò, pur ispirandosi a immagini “pop”, ideologicamente le opere di De Cuarto non possono essere collocate propriamente nella Pop Art e nel Nouveau Realism; esse sono straordinariamente innovative, profondamente poetiche, non sono realizzate per “vendere” e generare profitto né celebrano il mondo consumistico che tutto fagocita; al contrario tingono con efficace poesia il concetto del recupero.

L’arte di De Cuarto non può nemmeno essere assimilata al Decollage, ossia alla sovrapposizione di pezzi sopravvissuti e poi mescolati in un nuova forma di vita; nonostante si possa avere la tentazione di associare la sua opera a questo tipo di espressione artistica, in realtà esse sono più uno scavare dei reperti e consegnarli al mondo nella loro originale e non artefatta bellezza.

Stuccare la tela, far rivivere le immagini di un tempo, poi riconsegnarle al tempo con la graffiatura e l’ossidazione: è civiltà. Poiché nessuna specie intelligente, soprattutto la nostra, ormai avulsa dalla speciazione nel senso letterale del termine, può civilmente sopravvivere a se stessa senza guardare al passato per costruire un nuovo futuro. Delle opere di De Cuarto osiamo dire che non vanno definite bensì ascoltate, con un impeto di romanticismo che ci salva dalla disattenzione della fretta. 



Emma Pirozzi